Vi presentiamo le bevande alcoliche e non della tradizione russa.
Una storia interessante del Cognac russo
La storia del Cognac russo: due confronti a favore dei russi Diciamo subito che “Cognac” è un nome di origine controllata, tutelata internazionalmente e questo liquore può essere prodotto solo nella regione francese che ha lo stesso nome e che stabilisce il termine Cognac ai soli distillati di vino prodotti nella regione del Cognac, ma in Russia, anche oggi troviamo liquori che portano il nome di “Рoссийский Коньяк” (Cognac russo). Il “Cognac russo“, è un brandy prodotto in Russia con le stesse materie prime e utilizzando, approssimativamente, gli stessi procedimenti e le stesse tecnologie, la Russia ha una lunga tradizione nella produzione di alcolici tipo il brandy. Il cuore della produzione del cognac russo è il Daghestan, una repubblica del Caucaso settentrionale Federata alla Russia ed è la regione più meridionale della Federazione. La storia della viticoltura e della vinificazione in Daghestan è fortemente influenzata dalla Grande Via della Seta, che attraversava il suo territorio. Lo Zar Pietro il Grande, che visitò questi luoghi durante la campagna persiana del 1722 (conosciuta nella storiografia russa come la “Campagna persiana di Pietro il Grande“) apprezzò molto il vino locale e diede istruzioni per organizzare nella città di Kizlyar una tenuta reale, dove fu impiantato un nuovo vigneto con vitigni europei e costruita una cantina e un deposito dei vini. Precedentemente, nella città di Kizlyar veniva fatta una produzione di alcol derivante dall’uva di vitigni di bassa qualità, che dopo l’invecchiamento in botti di rovere, assomigliava vagamente ad un liquore che cercava di somigliare ad un brendy. Nel 1885, l’imprenditore di vini e liquori di origine georgiana, David Saradjishvili, acquistò le distillerie a Kizlyar e riuscì a sviluppare una tecnologia di produzione, utilizzando un’esperienza fatta in Francia, infatti grazie all’amicizia con il figlio del fondatore della prestigiosa casa di liquori “Cognac” Jean Baptiste Camus, creatore della “Camus La Grande Marque“, tutti i segreti professionali della produzione di cognac sono stati acquisiti dal Saradjishvili che fu aiutato anche all’acquisto delle attrezzature tecniche della nuova impresa. Secondo i documenti d’archivio, l’azienda è stata la prima nell’impero russo a produrre cognac facendolo invecchiare in botte di quercia di montagna caucasica e diventò il fornitore della casa reale sottraendola ai francesi. I cognac di fabbricazione russa soddisfacevano completamente il mercato interno e venivano ampiamente esportati all’estero con grande successo, cosi dal 1890 al 1901 ottennero 12 diverse medaglie e diplomi. Gli eventi socio politici che attraversarono la Russia dal 1914 al 1917 ebbero notevoli influenze sulla produzione del Cognac russo, con l’inizio della prima guerra mondiale, fu introdotta una legge che vietava la produzione di superalcolici e il lavoro della fabbrica fu sospeso e nella nuova Russia dei Soviet, addirittura ci fu una ribellione della popolazione locale che nel 1924, per far riprendere l’attività di produzione verso i consumatori. Anche durante la II^ Guerra Mondiale, la produzione di liquori fu sospesa e si passo alla sola produzione di alcol, che divenne una risorsa strategica di guerra, tanto che le riserve delle cantine furono messe sotto custodia militare e trasferite in Armenia e in Giorgia. Nel 1947, la fabbrica fu riaperta e ricostruita a causa che la città di Kizlyar era proprio sulla linea del fronte di guerra e solo nel 1955 fu messo in commercio un cognac che dopo poco divenne uno delle più popolari superalcolici dell’area post-sovietica. Il clima del Daghestan pur rientrando in quello continentale moderato è arido, quindi tutti i vigneti, per avere una produzione di qualità sono dotati di un sistema di irrigazione a goccia. Le ampie aree di vigneti e la distanza dalle zone industriali, garantiscono un’ottima qualità dell’uva locale, che insieme alle proprietà organolettiche del suolo e ad una sempre più esperta enologia fa di questa regione la migliore produzione di cognac russo di buona qualità, acquisendo tradizioni e regole di preparazione speciali che sono vincolanti. La tecnica di preparazione vede il distillato diviso in tre momenti , dove i primi 10 litri “testa” e gli ultimi 100 litri “code” non vengono utilizzati per la preparazione del alcool utile alla preparazione del cognac, mentre nella seconda distillazione si utilizza solo la parte centrale “cuore”. Le tradizioni vuole che il futuro cognac russo sarà versato in botti di rovere e le botti destinate all’invecchiamento sono realizzate esclusivamente con rovere caucasico locale con almeno 40 anni e se parliamo di botti utilizzate per le migliori marche, l’età dell’albero è di 100 anni e oltre. Il legno di quercia locale arricchisce il liquore con componenti essenziali dovuti a acidi organici, coloranti naturali (essenza del legno) e influenza in modo significativo l’aroma del cognac. Oggi l’azienda dei liquori di Kizlyar è una società per azioni ed è tra i cinque maggiori produttori russi e occupa il quarto posto nella classifica dei migliori produttori della categoria brandy. Il Cognac di Kizlyar si propone con diversi gradimenti di invecchiamento (da 3 a 35 anni) e si presenta con 13 vari marchi. Il cognac del Daghestan oggi è un prodotto molto popolare, ha una quota di mercato che raggiunge l’80% ed ha una buona reputazione non solo in Russia, ma supera abbondantemente i suoi confini, e continua a ricevere premi in mostre internazionali. I prodotti della fabbrica hanno ricevuto più di 40 Grand Prix, il Golden Palm Prize in Francia, il Golden Galaxy Prize negli Stati Uniti, oltre 400 medaglie d’oro e d’argento. Dal 2008 è fornitore ufficiale del Cremlino di Mosca. Il vero orgoglio della produzione del cognac russo del Dagestan è il marchio “ Bagration”, nel 1980 la produzione che aveva raggiunto i 5 anni di invecchiamento era destinata ad omaggiare le personalità invitate alle Olimpiadi estive di Mosca, con il nome “Olimpico“, ma poiché molti paesi occidentali boicottarono la partecipazione, quel specifico uso e marchio fu annullato. Nel 1994, con il liquore che avevano raggiunto i 20 anni di invecchiamento, fu prodotto un nuovo marchio di cognac riproponendo il nome “Bagration” che prendeva il nome dal Generale Peter Bagration che combattè contro Napoleone e nativo della città di Kizlyar. Nel 1997, all’Esposizione Internazionale di
Vino Kagor: il vinsanto degli ortodossi russi
Il Kagor è un vino rosso liquoroso da dessert, molto diffuso sul territorio russo, poiché continua l’antica pratica della Chiese ortodossa che celebra il sacramento della comunione (Eucaristia) somministrando ai fedeli un sorso di vino dopo aver consumato il pane sacramentale. Il Kagor è un vino della nota categoria “vino da messa”, come da noi è il “vinsanto”. La sua storia risale ai tempi di quando la Russia non aveva ancora accesso ai mari del sud europa e non produceva in proprio il vino, infatti lo importava dalla Grecia e da altri paesi che si affacciavano sul Mediterraneo. Il vino era piuttosto costoso ed era accessibile solo per il clero, per i credenti fu sostituito con altre bevande semi-alcoliche come: il liquore di visciole, la Medovycha a base di miele, il kvas di mele. E a cavallo tra il XVII° e il XVIII° secolo, lo zar russo Pietro I viaggiò attraverso l’Europa, per conoscere l’occidente moderno e adottò diverse nuove tecnologie, tradizioni e prodotti fabbricati dagli europei, prototipi per il salto verso la modernità, per il rinnovo della società Russa. In Francia, allo Zar piacquero e molto i vini rossi, secchi della città di Cahors, fu colpito dal intenso colore rosso, associandolo al “Sangue di Cristo” intuendo che questo particolare vino sarebbe stato perfetto per la Chiesa russa, come vino per la Santa Comunione. Nel 1733, il Santo Sinodo che sovrintende alla Chiesa ortodossa russa, dopo una discussione, che ancora continua, fu costretto, dal volere dello Zar, a riconoscere il vino di Cahors come l’unico vino adatto alle esigenze della chiesa ortodossa e fu così che il vino di Cahors, assunse il nome russo di Kagor (Кагор). Nel 19 ° secolo, la Russia iniziò a sviluppare una propria industria vinicola sotto la guida del più famoso enologo russo il Principe Lev Golitsin, naturalmente fu tra i primi a produrre vini del tipo kagor (principalmente per soddisfare le richieste della chiesa ortodossa russa). I russi furono costretti ad apportare delle modifiche introducendo dei cambiamenti nella ricetta classica francese a causa della difficoltà a coltivare il vitigno francese Malbec, che è l’uva del vino di Cahors, sostituendolo con le varietà di uva Merlot, Cabernet Sauvignon e Saperavi, che al contrario ben fruttificavano sulle terre russe che si affacciano sul Mar Caspio e Mar Nero che riescono a dare al vino un colore rosso rubino, questa è la grande differenza tra il vinsanto russo che è rosso e il nostro vinsanto che è bianco, poi ci sono i sapori e i gusti. Il rispetto della tradizione per la Chiesa ortodossa che voleva usare per la messa il vino dolce per l’Eucarestia ha imposto uno standard molto severo che ha fatto sviluppare un protocollo specifico per la produzione dei vini dolci per le messe, tanto che oggi sono apparsi e vengono prodotti vini particolari come: “Tserkovnoye” (Vino di Chiesa), “Paskhalnoye” (Vino di Pasqua), “Sobornoye” (Vino della Cattedrale) creati in onore alle ricette originali russe, nel rispetto degli elevati standard di qualità riconosciuti a livello internazionale. Le raccolte delle uve iniziano quando la quantità di zucchero naturale il fruttosio nelle bacche raggiunge non è meno del 22 %, leggermente appassita in pianta, raccolta a mano e selezionata manualmente tramite un tavolo di cernita. La maggior parte dei kagor viene prodotta mediante trattamento termico dei materiali del vino: macerazione con le bucce viene riscaldata a 65 ° C e lasciata in serbatoi per il raffreddamento e la fermentazione per 20 giorni. È proprio durante questo riscaldamento che una quantità maggiore di sostanza colorante naturale passa nel mosto d’uva, quindi, il mosto viene separato dalle parti solide della poltiglia e viene introdotto l’alcool rettificato nelle condizioni specificate di 16,5 °, infine viene messo in piccole botti di rovere per 2/5 mesi, poi in bottiglia per almeno 2-3 anni di invecchiamento. Si ottiene così il “vino da messa” tipico della Chiesa Ortodossa russa, di un colore rosso rubìno molto intenso, il vino Kagor appartiene ai vini rossi a forti richiami di sostanze aromatiche. Questo vino rosso liquoroso mostra un corpo denso e una delicata dolcezza acidula con diverse note di frutta (molto diverse a seconda del posto della produzione), che rivela una sensazione al gusto molto accogliente e calda. Oggi non tutti i vini di kagor sono ecclesiastici, ma solo quelli santificati nella chiesa possono essere riconosciuti come tali, ma il vino kagor non può mancare sulla tavola della Pasqua. Per i russi il Kagor è un vino da affiancare alla gastronomia dei diversi piatti della cucina russa, può essere servito con carni grasse, oca arrosto, agnello o selvaggina, per questo ci sono line di Kagor meno dolci, sorprendendo piacevolmente anche i più sofisticati esperti di vino. Il Kagor si sposa perfettamente con il dessert (ad esempio, con dessert al cioccolato o al marmellata, gelato). Il vino è molto efficace anche come digestivo. Il Kagor viene servito a temperatura + 18 ° С in un bicchiere a forma di tulipano.
Il Vino di Taman della cantina di Fanagoria
Il parallelo "d'Oro" Il territorio di Taman produce vino da circa 26 secoli, da quando gli antichi Greci arrivarono in queste terre nel VI secolo a.C., fondarono la grande colonia Fanogoria, che si trovava sulla penisola di Taman, nell'attuale territorio della Regione di Krasnodar. Oggi gli scavi, che vengono ancora condotti, evidenziano che la colonia era non lontana dal moderno villaggio di Taman. Gli antichi greci importarono insieme alla loro cultura, anche la coltivazione della vite. Nuovi vigneti fronte mare La penisola di Taman circoscritta da un microclima unico, reso mite dalla sua posizione tra la baia di Taman nel Mar Nero e il Mar d'Azov, si trova nel c.d. parallelo “d’oro” (latitudine nord di 45 gradi), dove si trovano le zone vinicole del Piemonte e del Bordeaux, un parallelo che gode dei vantaggi climatici tra il polo nord e l'equatore ed è la zona del nostro pianeta ritenuta la più favorevole alla vinificazione, infatti ci sono 285 giorni di sole all'anno, confortati dai venti provenienti dai mari caldi, con terre ricche di minerali, che creano condizioni eccellenti per i terrori locali, che arricchiscono la qualità delle uve, dando al vino note speciali. Uva Saperavi Taman è considerata la capitale vinicola della Russia, la maggior parte delle pianure locali sono occupate da vigneti e sulla penisola ci sono numerose cantine e aziende agricole, da una rilevazione statistica i vigneti del 2018 si estendono su una superficie di quasi 3,5 mila ettari dove vengono coltivati più di 100 vitigni, che producono vini eccellenti per tutti i gusti. La storia della viticultura moderna di queste terra ha seguito la storia della Russia dagli Zar, al periodo Sovietico, fino ai giorni nostri, nel 1957 fu fondata una cantina intitolata all’antica città greca di "Fanagoria" che diede il nome all’impresa, con il tempo è diventata una delle cantine più grandi della Russia. Cantina “Fanagoria” Durante gli anni di lotta all’alcolismo 1985 /1990 (con il decreto dal 16 maggio 1985 sul proibizionismo contro l’alcolismo emanato dal governo di Mikhail Gorbachev) i viticoltori della penisola con grande difficoltà sono riusciti a preservare i vigneti promuovendo la produzione di succhi di frutta d’uva. Nel 1996 dalla fusione delle due maggiori imprese sovietiche nate nel periodo di Nikita Krusciov: la cantina Sennoj e l’azienda vitivinicola statale Fanagorskij sono state le protagoniste della rinascita della viticultura e della produzione del vino di qualità. Depositi Grazie ad una eccellente professionalità degli enologi locali oggi si producono diverse varietà di vini, dai classici come: Cabernet - Sauvignon, Merlot, Chardonnay, Riesling, Pinot Noir a quelli nuovi e promettenti varietà autoctone come: Solaris, Monarch, Citron Magaracha, Tsimlyansky nero, Saperavi, Sibirkovij, Krasnostop, Varyushkin, ecc. La Cantina Fanagoria si occupa dell'intero ciclo di produzione dei suoi rinomati vini, dalla produzione di piantine, alla lavorazione dell'uva, ai sistemi di invecchiamento e distribuzione, la sua produzione vede più di 2.220 mila di litri di vino all’anno (più di 30 milioni di bottiglie) e vengono creati diversi prodotti come: vini bianchi e rossi, spumanti, cognac, brandy, liquori e vodka d'uva con il nome di “Chacha”. I vitigni I vini della produzione di serie sono: il Moscato, il Riesling, Sauvignon Blanc, lo Chardonnay e il Cabernet Sauvignon, il Merlot, il Pinot Nero, lo Tsimlyansky Black e Saperavi rossi. Nei silos dell’Azienda ci sono vini fermi per 20.000.000 di litri, dove si trovano vini di nuova raccolta, ma anche di vini degli anni precedenti conservati o immagazzinati. Tali quantità non mettono in discussione la priorità principale nel lavoro dell'azienda, che è l'alta qualità, infatti i vini Terroir "Fanagoria" occupano meritatamente i primi posti nelle competizioni e degustazioni professionali internazionali e sono molto apprezzati dai maggiori esperti mondiali, vincono ogni anno medaglie in prestigiose mostre internazionali tenute nel Regno Unito, Austria, Francia, Slovacchia, Cina, Giappone e Russia. Nel 2017 in occasione dell'AWC di Vienna, la Cantina di Fanagoria ha ottenuto un riconoscimento come miglior produttore russo di vino e ben 8 dei suoi vini hanno ricevuto quattro medaglie d'oro e quattro d'argento. Nel 2017 la cantina di Fanagoria per la prima volta ha rilasciato i prodotti con i marchio IGP (in russo ЗГУ) e ZNPM (in russo ЗНМП) che rappresentano l’analogo sistema di qualità usato in altri paesi come: il COA in Francia, il DOC in Italia. Il marchio a denominazione di origine protetta ZNPM, rappresenta la categoria superiore al marchio IGP (Indicazione Geografica Protetta) e significa che la produzione di vino utilizzano uve provenienti al 100% dalla regione specificata dal marchio, con una sua posizione specifica e l’”albero genealogico del vino", che riconduce al vigneto e sono rappresentati i requisiti di qualità più elevati. Vino "Taman 100" Oggi, i prodotti con il marchio “Fanagoria” vengono venduti nella maggior parte delle Regioni della Russia e all'estero, iniziando a competere con i vini d’Italia e della Francia. La cantina è particolarmente orgogliosa della sua produzione: La collezione della linea di vini premium "100 tonalità" (4 tipi di rosso e 1 di bianco) che esprime l'unicità del terroir Fanagoria; Una collezione di vini premium "Cru Lermont" (8 tipi di rosso e 2 di bianco) che prende il nome dal poeta Mikhail Lermontov (che visitò Taman e le dedicò una serie di sue poesie); Una collezione di vini esclusivi d'autore voluti da famosi maestri enologi (8 tipi di rosso, 6 di bianco, 2 di rosse) di "Fanagoria" . Vino Taman "Cru Lermont" Tutte le collezioni esclusive sono realizzate con uve selezionate coltivate in vigneti Fanagoria appositamente designati, raccolte a mano e con il vino invecchiato in botti di quercia russa o caucasica. La Cantina di Fanogoria organizza degustazioni e visite guidate. Da 20 anni nel periodo di agosto a Taman si svolge una sagra “Il festival enogastronomico Vitigno di Taman”, che vede nella fiera dei produttori di vino e uva della penisola l'evento principale e che per un appassionato di vini vale il viaggio. Galleria foto
Il Vino IGP russo di Massandra
Massandra è un paese della Crimea, si trova sulla costa del Mar Nero a 5 km dalla città di Yalta e dà il nome ai vini da dessert più famosi della Russia, una fama già conosciuta ai tempi degli Zar e proseguì anche nel periodo dell’Unione Sovietica vini che si caratterizzano ognuno per una sua peculiarità, ma tutti hanno una storia, un bouquet unico e gusto inconfondibile come i migliori vini europei. La Crimea è una grande penisola bagnata dal Mar Nero, la sua posizione è a settentrione del bacino del mare, con pinete lussureggianti che proteggono le vigne dalle correnti troppo fredde e la conformazione rocciosa del terreno, spingeva le viti a concentrare nei grappoli la propria quantità produttiva, di qualità di alto livello. Il clima subtropicale mite in inverno e non troppo caldo in estate, le mezze stagioni temperate, la particolare esposizione al sole, le specifiche organolettiche dei terreni ubicati a diverse altitudini e ricchi di calcio e lo scudo protettivo naturale formato dalle montagne circostanti crea le condizioni ideali per la coltivazione della vite. La vinificazione in Crimea ha origini antiche, infatti già nel VI secolo a.c gli antichi greci fondarono la città di Khersones e coltivarono la vite in queste terre una produzione che divenne famosa nella Grecia antica, continuò con i romani e arrivò intatta sino al V secolo D.C quando divenne parte dell’Impero bizantino. Grazie ai monasteri ortodossi che diventarono veri e unici centri di vinificazione, preservarono la tradizione della produzione vinicola di queste terre e quando nel 1399, la Crimea viene conquistata dai genovesi, la lavorazione del vino e la sua esportazione si sviluppò ancora di allargandosi su molti territori della costa di Crimea, ma nel 1475 l’invasione turca, blocca la produzione di vino, non viene impedita la coltivazione dell’uva e i contadini continuarono a fare il vino per uso proprio preservando, così i vigneti. Nel 1783, con l’annessione della Crimea all’Impero russo, durante il regno di Caterina II “La Grande” ebbe inizio una vera produzione vitivinicola di qualità superiore, inizia da questo momento la storia di Massandra e dei suoi vigneti. 1828 lo Zar Nicola I incarica il conte Michail Voronzov a prendere l’incarico e la cura della produzione del vino sulle proprietà dello Zar, perché avendo apprezzato la qualità del vino francese voleva approfittare di utilizzare i suoi terreni, che guarda caso avevano un’antica tradizione vinicola, ma insignificante rispetto al più famoso vino francese. Lo Zar voleva competere con le produzioni internazionali di altri regni e quindi diede carta bianca al conte Voronzov che aveva appreso le tecniche di vinificazione in Francia alla corte dei Re e degli aristocratici proprietari dei più famosi Château dell’epoca, segna la svolta vinicola della Crimea, fondando un Istituto Enologico di ricerca e formazione con annessa una azienda vinicola. Lo Zar Nicola II sulle terre di Massandra fece costruire una residenza estiva e lui personalmente inizia a seguire l’attività dei suoi vigneti, chiamando il più famoso enologo russo il Principe Lev Golitsin, che a quel tempo aveva già una ricca esperienza nella coltivazione dell’uva in Crimea, poiché lui stesso aveva il vigneto di oltre 20 ettari, dove coltivava fino a 500 varietà di uva, nominandolo enologo della Corte reale e dandogli il compito di supervisionare la sua cantina. Nel 1894 – 1897 Golitsin costruì la prima cantina sotterranea su progetto di uno degli architetti russi più importanti del tempo A. Dietrich, su un anfiteatro che si affacciava sul Mar Nero scavando sette tunnel di tre livelli lunghi 150 metri e larghi 5, con una profondità superiore a 60 metri scavando la roccia della collina di Koba Kaya. Le particolari caratteristiche e peculiarità del terreno che mantengono una temperatura costante delle gallerie, che si aggira tra i 10 e i 12 gradi, garantisce un microclima ottimo per la conservazione e l’invecchiamento a lungo termine del vino in botti di quercia. Nei sotterranei sono state create 9 gallerie con numerose nicchie, scavate nelle pareti e rivestite di pietra, dove sono state stipate un milione di bottiglie. E’ qui che inizia la storia della vinificazione russa moderna, grazie alla capacità professionale del Principe L. Golitsin per la prima volta si iniziò a produrre vini di varietà famose e all’Esposizione mondiale di Parigi nel 1900, oltre a presentare vini Bordeaux, Riesling, Kokur e Tokai prodotti in Crimea, le uve del suo vigneto “Nuovo Mondo” fare nascere l’omonimo Champagne che vinse il Grand Prix, in una competizione anonima superando gli champagne francese in gara. Nel lo stesso periodo nasce la collezione dei vini di Massandra una tra le più grandi, più ricche e famose al mondo, sempre grazie al Principe Golizin che raccoglieva il meglio che trovava nelle più famose Cantine vinicole del mondo, non solo per la sua personale passione, ma anche per soddisfare i gusti dello Zar e solo a partire dal 1897, la collezione iniziò ad avere in piccole quantità dei vari vini prodotti dalla Cantina Massandra. Golitsyn conservava una collezione personale di vini rarissimi dei secoli XVIII e XIX, che contava più di 50 mila bottiglie, la sua collezione conteneva decine tipologie di vini centenarie di altri Paesi produttori di grandi vini, ma anche di vini “Massandra” tra i quali i vini creati da Golitsin, appositamente per la tavola reale dai nomi altisonanti come: il “Settimo cielo del principe Golitsin”, 1880, il “Miele dei prati di Altai del principe Golitsin”, 1886, il “Miele dell’incoronazione”, 1896, questo champagne fu servito durante le celebrazioni dell’incoronazione di Nicola II a Mosca, ma il più famoso vino prodotto dalla Cantina Massandra fu lo “Sherry de la Frontera 1775”, che lo rende uno dei vini più antichi al mondo, una bottiglia di questo vino è stata venduta all’asta Sotheby’s di Londra nel 2001 alla bellezza di 43.500 dollari. Dopo la Rivoluzione d’Ottobre, nel 1920, la collezione personale del Principe fu trasferita nella cantina Massandra divenuta una proprietà statale, mentre la produzione ed i vigneti vengono abbondanti. Grazie a Stalin conoscitore ed esperto dei buoni vini, dopo aver assaggiato alcuni dei vini dalla collezione di Massandra
Sbiten la bibita russa da dessert
Sbiten è una bibita russa da dessert Lo Sbiten è un’antica bevanda dalla Russia orientale a base di acqua, miele e spezie, che spesso comprende erbe aromatiche, ha una storia molto interessante che risale a diversi centinaia di anni. Prima dell’introduzione del tè, lo Sbiten era la prima bevanda consumata in Russia, infatti la sua ricetta è menzionata nelle cronache del 1128 e la tecnica di preparazione è illustrata nei Domostroj (un Galateo russo, d’incerta datazione tra quindicesimo e sedicesimo secolo). All’epoca nelle aree più popolose delle città si potevano trovare i venditori di Sbiten; caldo in inverno e la versione fredda in estate, i vari tipi dello Sbiten venivano venduti in botteghe molto simili alle birrerie moderne ad un prezzo abbastanza abbordabile, ma era talmente ricercato che poteva essere bevuto sia dai poveri, sia dai rappresentanti della nobiltà e nessun pasto sia il pranzo quotidiano che una cena festosa, non poteva mancare lo Sbiten. Il consumo di massa di questa bevanda è scemato perchè sostituito dal tè dal momento che il suo prezzo diminuì notevolmente e con la Rivoluzione del 1917, la tradizione antica è stata quasi dimenticata. Dagli anni ’90, si è tentato di riportarne in auge la produzione e il consumo dello Sbiten in Russia, e sono rifiorite le antiche ricette utilizzate, soprattutto dai piccoli produttori che si attengono alla ricette autentiche delle varie Regioni russe e servendosi di ingredienti locali, ma sono sempre di meno e sono presenti nelle città turistiche, mentre i consumatori frettolosi acquistano la versione industriale nei supermercati. Lo Sbiten si preparava e qualche famiglia lo fa ancora nei Samovar (un contenitore metallico tradizionalmente utilizzato in Russia per scaldare il tè), ma oggi può essere usato qualsiasi contenitore. Il segreto dello Sbiten sono: l’acqua e il miele a cui si aggiungono varie spezie ed erbe, così da ottenere un suo peculiare sapore che lo contraddistingue da tutti gli altri, infatti, la combinazione dei erbe e aromi daranno alla bibita tantissime sensazioni gustative. Ci sono gli Sbiten analcolici e alcolici a seconda se si è usato proddotti che producono fermentazione, tipo l’aggiunta del luppolo. Ingredienti: 3 litri di acqua, 300 grammi di miele, 350 grammi di zucchero, 2 foglie di alloro, 1 stecca di cannella, 3 chiodi di garofano, zenzero e cardamomo ( oppure spezie di vostro gusto 5-10 gr), 600 ml il vino rosso (si può fortificarlo con brandy o vodka per una gradazione più forte 300-500 ml). Preparazione: Fate bollire l’acqua, aggiungete il miele e lasciate cuocere per qualche minuto; poi aggiungete le spezie e le erbe e continuate ancora a far cuocere per 15 minuti, ma si desiderasse ottenere una bevanda alcolica, aggiungete il vino rosso o la vodka, negli ultimi istanti di cottura. Togliate dal fuoco il contenitore e lasciare freddare e fermentare per mezz’ora. Filtratelo utilizzando un imbuto e delle garze, mettete nelle bottiglie tenetelo in frigo ed è pronto per essere servito. Benefici: La bibita da energia per l’intera giornata, migliorerà l’umore e l’immunità. Nello Sbiten, grazie alle diverse spezie ed erbe vede presenti diverse nutrienti che hanno proprietà anti-infiammatorie ed ha, anche un effetto positivo sul sistema digestivo. I russi lo utilizzano perchè può avere effetti benefici contro il raffreddore, la tosse e il mal di gola. Caratteristiche Colore: sfumature di ambra; trasparente senza sedimenti e materiale estraneo. Profumo: un ricco aroma di spezie ed erbe aromatiche. Sapore: dolci note di miele. Accostamenti: La bevanda viene solitamente servita alla fine del pasto. Sbiten si combina bene con i dolci, specialmente quelli della tradizione russa: pan di zenzero, biscotti, torte. Temperatura di servizio: Nel periodo estivo si serve ad una temperatura di 4-5° C, ma in inverno è particolarmente piacevole caldo, infatti si beve per riscaldarsi dal rigido freddo russo. Alcool: 4 – 7% ; analcolici – fino all’1%. ATTENZIONE!!!! a bere! Questa bevanda richiede prudenza, perché lo Sbiten è molto piacevole al gusto (soprattutto freddo d’estate), ma contenendo una certa quantità di alcool non ti accorgi della facilità di sbonzarti.
Il liquore amaro russo: Sveroboj
Sveroboj il liquore amaro russo Il suo nome deriva dall’ omonima erba Sveroboj (erba di San Giovanni), ma tradotto in italiano vuol dire “botta bestiale”. in base al quale viene effettuato questa bevanda, è fa uno dei tipi di vodka russa. Sin dai tempi antichi, l’erba Sveroboy è stata considerata come una panacea per molti mali, infatti durante alcuni scavi di antichi insediamenti russi, gli archeologi hanno trovato tracce di 20 erbe, tra cui era anche l’erba sveroboj. Presso l’archivio di Stato nei documenti antichi è stato trovato un atto che ordinava ad un Governatore di inviare a Mosca nella farmacia dello zar l’erba sveroboj, richiesta unica da parte di uno Zar. Nella metà del XVIII secolo, quando la qualità della produzione della vodka russa ha raggiunto un buon livello, i mercanti hanno intuito la necessità di presentare più varietà per aumentare le vendite, furono così prodotte tipi di vodka con un aromi differenti dovute agli infusi di spezie erbe, bacche, frutti e semi di varie piante. Nel anni ’50 ’80 le distillerie nazionali di stato producevano un gran numero di liquori e di amari, e il più popolare è stata la «Sveroboj », più volte insignita di medaglie d’oro e medaglie d’argento nelle Fiere di sviluppo economico dell’ Unione Sovietica. Il liquore è prodotto da una doppia infusione di erbe secca miste di sveroboj , origano e trifoglio dolce in acqua e alcool, dopo l’infusione per 10-14 giorni fonde la prima infusione, poi si aggiungono di nuovo le erbe e per altri 14 giorni si tengono le erbe nell’alcool, l’infuso ottenuto si filtra e si imbottiglia. Caratteristica e consigli di uso: Gusto: ha un gusto pronunciato amaro, leggermente piccante a base di erbe; Aroma: di vari erbe; Colore: dal chiaro dorato al marrone chiaro; Il contenuto di alcool a 40 gradi. Raccomandazioni al momento della presentazione all’ospite: Va bevuta ad una temperatura tra i 9/11° e utilizzate bicchierini da 30-50 ml. L’“Amaro”Sveroboj” va bevuto con moderazione, a piccoli sorsi, dando la possibilità di passarlo su tutta la bocca. L’amaro sarà apprezzato anche dai fini conoscitori di liquori e vi accompagnerà ai gusti della cucina russa.
” Bollicine speciali”: lo champagne russo di Abrau-Durso
” Bollicine speciali”: lo champagne russo di Abrau-Durso La coltivazione della vite nella regione del Sud della Russia, risale a ai tempi dell’Antica Grecia, quando gli antichi slavi russi: i variaghi avevano un florido commercio con le colonie greche presenti sulla costa del Mar Nero ( la famosa terra del “Vello d’Oro”). Secondo fonti ufficiali, la viticoltura in Russia ebbe inizio nelle zone basse del fiume Terek nel territorio, oggi chiamato Astrakhan, che fa parte della regione di Krasnodar, quando, per ordine dello Zar Mikhail Fedorovich Romanov, nel 1613 furono posati i primi vigneti statali presso il monastero di Troitskij, in grado di produrre 200 barili di vino all’anno. Il vero sviluppo dell’industria del vino, iniziò in Russia nel tardo XIX secolo, quando lo Zar Alessandro II con il decreto del 25 novembre 1870, ordinò la messa a dimora di vigneti in una sua proprietà situata in un bellissimo luogo vicino al lago Abrau e al fiume Durso. Per attivare ed iniziare la produzione furono chiamati degli esperti francesi, che introdussero alcune tecniche di vinificazione ormai in uso in Francia, all’inizio furono prodotti vini da tavola e solo nel 1896 vennero prodotti, per la prima volta i vini con in grado di fermentare e fare le famose “bollicine” in grado di fa nascere uno spumante tutto russo. Il successo del vino di Abrau-Durso fu immediato tanto che nel 1900 all’Esposizione Internazionale di Parigi “lo champagne russo Paradise” ricevette la medaglia del Grand Prix, superando tutte le case di produzione di champagne francese! Prima della Rivoluzione del 1917, in Russia, lo spumante era a disposizione solo dei nobili aristocratici, ma dopo la rivoluzione bolscevica tutto cambiò con Stalin, che essendo di origine giorgiana, una regione dell’Unione Sovietica dove la tradizione della coltivazione dell’uva e la produzione dei vini era stata sempre molto forte. Stalin sosteneva che il vino dovesse essere accessibile a tutti i cittadini sovietici, così con un decreto del 28 Luglio 1936 ordinò di promuovere una produzione di vini per farne beneficiare tutto il popolo russo e a metà del XX secolo, l’Unione Sovietica occupava il quinto posto, nel mondo, per numero di vigneti e il settimo per la produzione di vino. Tutto finì a causa di un altro decreto, quello del 16 maggio 1985 promulgato da Gorbaciov che introdusse una specie di proibizionismo con la conseguenza della diminuzione della produzione di alcolici e superalcolici (vodka e vino) causando la distruzione di ben 32 ettari di vigneti di Abrau-Durso. L’arrivo di Eltsin cancellò tutto quello che Gorbacev aveva imposto, iniziando l’epoca del libero mercato e l’introduzione delle privatizzazione e i primi a cogliere quell’occasione furono i produttori vinicoli delle regioni meridionali. Oggi la casa vinicola “Abrau-Durso” con vigneti estesi su un territorio di 660 ettari è un’impresa privata che produce vini normali e bottiglie di “shampanskoie” lavorato con le tecniche classiche francesi: Champenoise e il metodo accelerato di Charmat. Secondo gli esperti, la natura incontaminata e il microclima “terroir” del territorio di Abrau-Durso rendono le condizioni della produzione del vino uniche e con caratteristiche proprie come la zona della “Rosa dei venti” situata in una vallata di montagna dove le uve raccolgono e mescolano insieme una varietà di aromi erbacei secchi e floreali a nuance salmastre marine e fresche del lago. La ricchezza di elementi naturali nei terreni, nei sassi che circondano il “terroir” dei vigneti, funzionano come elementi naturali ed ecologici che favoriscono importanti microelementi per il terreno, creando condizioni confortevoli per la crescita e la maturazione dei grappoli, grazie, anche al sole presente lungo tutto l’anno. Clima morbido unico, mite, simile alle zone del Mediterraneo dove si gode una bella vista delle colline terrazzate, dove si trovano i vigneti, con la presenza di boschetti di ginepro, che nelle giornate calde conferiscono all’aria un particolare profumo. In estate, l’aria si scalda fino a + 25/26 ° C, in inverno la temperatura media è di + 5 °C. I vigneti di Abrau-Durso sono costituiti da vitigni europei tipo: Chardonnay, Aligotè, Pinot Bianco, Riesling del Renano, Pinot Noir, Pinot Franc, Cabernet Sauvignon e Merlot. Il metodo di raccolta dei grappoli viene fatta categoricamente a mano, e poi vengono lavorati in modo delicato con presse pneumatiche. Per creare un vino, con un bouquet dal sapore unico nello stabilimento di Abrau-Durso viene usato il metodo francese chiamato “assemblaggio”, un processo di miscelazione di vini di diverse raccolte, fatto prima di imbottigliare il vino per l’invecchiamento. Dopo l’imbottigliamento del vino nuovo, avviene il processo di invecchiamento che consiste nello stazionamento per tre anni in gallerie buie, queste furano costruite all’interno di una collina ai tempi dello Zar e rimodernate in tempi più recenti dai minatori della metropolitana di Mosca. Le superficie delle gallerie sono pari a due campi da calcio con una profondità di 60 metri sui scaffali di legno appoggiati lungo i corridoi possano essere messe fino a 10 milioni di bottiglie alla volta, è in questo luogo dove il vino diventerà “shampanskoie”, rivolte con collo in basso e poi manualmente vengono girate ogni giorno per 7,5 minuti esatti. Al termine dei tre anni il sedimento organico che si deposita sul sughero, deve essere tolto, per questo le bottiglie vengono messe su un supporto, e la rimozione completa del sedimento verrà effettuata dopo il congelamento del collo della bottiglia e successivamente un maestro cantiniere toglierà con prudenza la gabbia che protegge il tappo, toglierà il sughero con il sedimento. La particolarità di questa operazione delicata è che nell’azienda di “Abrau-Durso” questa operazione viene fatta da maestri esclusivamente al femminile, probabilmente uniche al mondo, che si occupano di questo lavoro. La produzione dell’azienda vinicola è molto ricca e con una varietà di vini in grado di soddisfare i gusti più diversi presentando bottiglie importanti: da uno “shampanskoie” molto prezioso come il “Millesimo”, un vino di altissima qualità, creato con uve di una sola vendemmia (la collezione ne contiene ben 11 tipi). I vini Grand Cru sono presenti nella collezione “Imperial” provvista di 3 tipi. La categoria denominata Blanc de Blancs brut 100% sono
I 10 migliori vini russi.
Nel paese conosciuto soprattutto per la vodka, il vino ha un posto speciale, anche perché non bisogna dimenticare che la produzione locale risale addirittura ai tempi dell’antica Grecia. Alcune regioni sono troppo fredde e isolate per consentire una attività del genere, ma nella parte meridionale del paese le condizioni meteorologiche sono decisamente più favorevoli, soprattutto vicino al Mar Caspio. Soltanto nel XIX secolo, comunque, la Russia ha cominciato a produrre e commerciare le bevande, vediamo quali sono ora i migliori vini del posto. Château Le Grand Vostock Le Chêne Royal red 2007 Il primo vino della classifica russa si caratterizza per la miscela azzeccata di Cabernet Sauvignon e Krasnostop. È una bevanda ricca, dalla dolcezza interessante e intensa e con aromi tipicamente fruttati. La struttura è altrettanto interessante e si può intuire la presenza di alcuni minerali. Château Le Grand Vostock Cuvée Karsov red 2009 La produzione è molto ampia, circa 80 mila bottiglie ogni anno. In questo caso, la miscela è ottenuta grazie a una varietà locale di Krasnostop e Merlot. La densità è molto vivace: questo vino è fresco, speziato e con una intensità gradevole. Lo stile è moderno e pieno di personalità. Fanagoria Cru Lermont Saperavi 2010 L’energia che esprime il terso vino della classifica russa è incredibile. L’intensità degli aromi viene raggiunta soprattutto grazie ai mirtilli e al ribes nero. Si avverte anche un leggero sentore di legno affumicato. È una bevanda dalla densità interessante e mai banale. Fanagoria NR Tzimylanskiy Cherniy 2010 Questa annata risulta secca sul finale, ma è una sensazione piacevole e fresca. I frutti di bosco emergono nettamente tra gli aromi più importanti, senza dimenticare che la struttura del vino è di grande qualità. Le note di erbe aromatiche lo fanno apprezzare da molti estimatori. 5. Bell Tree Chardonnay 2010 Si tratta della bottiglia che vanta più carattere di tutte in questa classifica speciale. Il vino è fruttato e le note di noci e nocciole lo rendono molto interessante: tra i frutti dominanti bisogna ricordare senza dubbio la pesca, la pera e la mela. Bell Tree Pinot Noir 2009 Il 70% della miscela viene ottenuto grazie a un sapiente invecchiamento in botti di quercia francese. Le ciliegie e le prugne rendono il gusto molto attraente e coinvolgente, con sottili note aromatiche. Il sapore viene accomunato a quello del Pinot Nero, con uno stile decisamente elegante. Myskhako Grand Reserve Chardonnay 2008 La fermentazione del vino in questo caso è resa possibile da lieviti selvaggi (noti anche come lieviti acidi). La colorazione è di un intenso giallo: è una bevanda molto aromatica, dolce e fruttata al naso. Il palato riesce a riconoscere anche alcune note di burro. Myskhako Reserve Shiraz I frutti di bosco sono ancora una volta i grandi protagonisti di questa bottiglia, con aromi piuttosto vividi e penetranti. In particolare, i lamponi e i mirtilli si avvertono nettamente, con delle note speziate e saporite. L’intensità dei colori è un’altra caratteristica peculiare. Abrau Durso Gold Label Premium Brut 2005 Come sottolineato dagli esperti, questo vino si caratterizza pe le note dolci e leggermente ossidanti al naso, oltre a una lieve affumicatura. Il palato può riconoscere le erbe aromatiche e la ricchezza complessiva, senza dimenticare lo stile frizzante e deciso. Abrau Durso Imperial Collection Cuvée L’Art Nouveau Brut 2008 La freschezza è forse l’elemento che rimarca di più rispetto a tutti gli altri. In effetti, si tratta di un vino leggermente aromatico e con note piacevoli di erbe: le note fresche sono conferite dal limone, il quale lo rende anche persistente in bocca. FONTE: Simone Ricci http://www.ricette.com/migliori-vini-russi/
Liquore russo Ussurì una tradizione che ha più di 100 anni
Il liquore Ussuri (Ussurijskij) fa parte dei tipici digestivi delle tradizioni popolari che adoperano come base erbe e frutti, anche quelli selvatici e se vogliamo credere a quanto dicono i produttori la ricetta di questo liquore risale a qualche secolo fa! La storia del liquore Ussuri risale a prima dell’era sovietica, erano presenti già tredici tipi di liquori, ma il più popolare era sempre l’Ussuri, per la sua composizione unica, fatta con un’interessante combinazione di erbe amare e radici, addolcite dal miele e dal succo dei mirtilli rossi della taigà, che ne fanno un liquore unico. La base dei composti del liquore comprende un gran numero di piante autoctone dei luoghi incontaminati della taigà: fiori di salice, origano, timo, achillea, assenzio, tiglio, coriandolo, anice stellato,sorbo, germogli di betulla, chiodi di garofano, noce moscata, cumino, finocchio e la valeriana. Si tratta di una vera e propria fonte di piacere che si è raffinata nei secoli. Che ne fanno una splendida ricetta. Questo liquore è nasce, ai confini del il parco ambientale “Ussurijskaya Taiga“. Le piante utilizzate vengono acquistate dalla popolazione locale, che coltiva tutte le piante con un sistema di qualità controllata accuratamente e i raccolti vengono fatti con specifiche procedure. La produzione del liquore avviene attraverso un processo complesso per garantire un gusto uniforme , nessuno degli ingredienti deve prevalere. All’inizio c’è la preparazione delle erbe e dei frutti che vanno tenuti separati l’uno dall’altro per ottenere la migliore presenza di nutrienti, poi si preparano gli infusi nell’alcool, che dura per 2/3 mesi. Una volta macerati gli infusi vanno mescolati, secondo le ricette tramandate e vengono filtrati per togliere le parti rimaste degli ingredienti, anche le più piccole particelle, poi il liquore viene imbottigliato in bottiglie di vetro scuro per iniziare la maturazione protetta dai raggi solari. Il liquore si beve in piccole quantità come digestivo e per i russi, Il liquore Ussuri è una piacevole aggiunta al tè o al caffè o per preparare dei cocktail. Il contenuto di alcol è di 33°.
L’aperitivo russo: la Medovycha
La Medovycha è una bevanda alcolica che ha le radici molto antiche, si tratta di una bevanda a base miele, che fermentato con acqua pura mescolando diversi tipi di frutti di bosco o di luppolo, e con l’aggiunta di lievito, con il succo di limone o scorza di agrumi, diventa un vero e proprio aperitivo, che ai russi piace molto. Nella Russia dei secoli X-XI la Medovycha si preparava per eventi eccezionali come la vittoria sul nemico, la nascita di un bambino o ad un funerale. Per tanti secoli questa bevanda è stata un privilegio della nobiltà o della popolazione ricca, infatti il sidro di miele con il succo di frutta e il lievito, veniva custodito in botti di legno per una fermentazione naturale e messo a riposo per 10-15 anni o più. Si trovano in alcune cronache del XIV secolo, ricordi di banchetti principeschi dove sono stati servite caraffe di medovycha invecchiata nelle botti per 35 anni. Nel XV secolo il principe Vasilij III impose un divieto sulla produzione libera di medovycha iniziando un suo monopolio sulla produzione e affidò questo privilegio solo ai monasteri, dove ognuno di loro aveva una propria ricetta segreta. Le ricette di medovycha sono diversi e dipendono dalle zone geografiche di produzione, ma quelle che ebbero una certa notorietà furono quelle prodotte nelle città di Suzdal, Novgorod e Kolomna. Oggi in Russia i centri più rinomati per la produzione di medovycha sono oltre a Suzdal , le città di Tsarskoye-Selo, vicino a San Pietroburgo e Pavlovskij Posad vicino a Mosca, ma la medovycha di Suzdal rimane la migliore, tanto è vero che in questa città se ne beve tanta, forse perchè ogni anno si organizza il Festival della Medovycha. La medovycha si serve prima di pranzo o cena, come un aperitivo classico alcolico che va dagli 8° al 16° per quelli riserva. Nel periodo estivo si serve ad una temperatura di 4-5° C, ma in inverno è particolarmente piacevole calda, infatti si beve per riscaldarsi dal freddo invernale. Come qualsiasi bevanda alcolica russa, la medovycha va accompagnata da stuzzichini fatti di crauti, pomodori, barbabietole, mele, mirtilli rossi marinati in salamoia, alla maniera antica dove queste prodotti venivano bolliti in acqua sale e zucchero e poi conservati nei barattoli, oppure con cetrioli o pomodori salati. Attenzione a bere! Questa bevanda richiede prudenza, perché la medovycha è molto piacevole al gusto (soprattutto fredda d’estate), ma contiene una certa quantità di alcool e non ti accorgi della facilità di ubriacarsi.
Lo Champagne sovietico
La storia dello “champagne sovietico ” inizia dopo un provvedimento che vietava la vendita di alcolici chiamato “legge secca” del 1924. Lo Champagne, conosciuto in Russia era solo quello che importavano dalla Francia e molto amato nella società borghese, ma troppo caro, per il resto della popolazione che di certo nei primi del ‘900 non solo non poteva permetterselo, ma addirittura gli era sconosciuto. L’importazione si bloccò con l’evento dei Soviet, ma il 28 Luglio 1936 in una Riunione del Politburo del PCUS e del Comitato Centrale del PCUS bolscevico, con la presenza di Stalin, fu deliberata una risoluzione che impegnava i Commissari del Popolo (Governo) dell’URSS, sulla produzione di uno” champagne sovietico e di vini da tavola”. Questo provvedimento permise di avviare un piano agricolo per trovare una tecnologia per la produzione di vino e di uno champagne economico, accessibile al consumo di massa Lo sviluppo di nuove tecnologie fu affidato a Anton Frolov-Bagreev, un produttore di i vini. Dopo molti esperimenti, la ricerca portò Frolov-Bagreev all’utilizzo di attrezzature del metodo del metodo Martinotti-Sharma, tecnologia di vini spumanti già adoperata in Italia. Secondo questa tecnologia, la fermentazione secondaria, avviene in grandi serbatoi voluminosi chiusi e versata in pressione in singole bottiglie, con un processo di maturazione che richiede solo 25-27 giorni, un sistema, che portava a termine la fermentazione dello spumante, riducendo i tempi di circa 12 volte. Naturalmente questo metodo rispondeva solo all’esigenza di dare uno spumante alle masse, ma non di produrre uno spumante di qualità, poiché lo spumante perde il gusto e aroma, ma nel 1937 dalla catena di montaggio uscì la prima bottiglia di spumante sotto il nuovo marchio “Champagne sovietico“. Oggi grazie ad una nuova agricoltura, il settore del vino e dello spumante ha un nuovo e diverso impegno, infatti nelle regioni del Mar Nero, nella regione di Krasnodar tutti nel Sud della Russia sono presenti culture di vitigni che iniziano a produrre un buon vino e anche un buon spumante. In Russia si produce uno spumante nella categoria dei Brut, Dry, semisecco, amabile, dolce. Caratteristiche Colore: paglierino con riflessi dal verde leggero al dorato, trasparente senza sedimenti e materiale estraneo. Profumo: sviluppatato. Sapore: di frutta ,senza i sapori preminenti. Accostamenti: aperitivo, per accompagnare tutti i piatti a base di pesce, frutti di mare e crostacei, frutta, dolci. Temperatura di servizio: 7° C – 9° C Alcool: 10,5% – 13%
La vodka russa
La vodka è una bevanda che è diventata, insieme con le matrioscke e la Stella Rossa, il Samovar un simbolo della Russia. Nel territorio russo una bevanda molto simile alla vodka, fu portata la prima volta dai mercanti genovesi che in quel periodo, insieme a quelli di Venezia, monopolizzato tutto il commercio marittimo verso l’Europa dell’Est, prima di questo liquore i russi conoscevano solo gli alcolici derivanti dall’idromele . Il termine “vodka“, che indica una bevanda alcolica è apparso ufficialmente in Russia con il decreto dell’Imperatrice Elisabetta IPetrovna figlia dello Zar Pietro I il Grande l’8 giugno 1751 . Da tre secoli c’è una disputa in corso tra russi e polacchi sulla titolarità del marchio “Vodka” dallo studio delle fonti russe il termine vodka viene citato per la prima volta nel 1439, grazie alla ricetta del monaco Isidor del Monastero Ciudovo presente nel territorio del Kremlino di Mosca, purtroppo distrutto nel 1929, mentre le fonti polacche il termine “Wodka” pur apparendo nel 1405, non spiega se era fabbricata in Polonia o importata dalla Russia. Su questo tema, nelle anni 1977/1982 con documenti storici, il governo russo e lo storico William Pokhlyobkin dimostrarono che i russi erano stati i primi a produrla e a dar loro ragione arrivò, anche la decisione del tribunale internazionale che dichiarò che la vera “Vodka” era quella che veniva prodotta in Russia. Comunque paesi come Bielorussia, Ucraina e Polonia continuano a produrre la loro “Wodka” con la doppia W e in questo elenco si sono aggiunte, anche la Finlandia e la Svezia e l’America grazie ad un emigrato russo scappato dalla Rivoluzione d’Ottobre Piotr Arsenieyevich Smirnov, ma questa è un’altra Storia. Secondo i veri appassionati, tutte le altre vodke, a prescindere da quanto siano costose o quanto avanzata la tecnologia utilizzata per produrle, molto semplicemente non sono sullo stesso piano della “vodka” russa, del perché la vera vodka sia prodotta soltanto in Russia e non altrove è un mistero, per alcuni dipenderebbe dal sapore particolare del grano locale, dal quale si ottiene il distillato alcolico, secondo altri dalle notevoli proprietà dell’acqua di quella regione. La storia della “vodka” parla anche dell’alcolismo e periodicamente i Governi delle varie epoche: zariste o sovietiche sono dovute intervenire per tutelare la salute dei propri cittadini, introducendo la c.d. legge “a secco” analogo alla legge sul proibizionismo degli USA. Il periodo più lungo del divieto è stato il decennio 1914-1924 e I’ ultimo quello dal 1985 al 1991 voluto da Gorbacev, però’ il popolo russo trovava sempre il metodo per superarlo. Gli ingredienti di base per la vodka: acqua (60%) e alcool (40%) e solo il liquore con 40° è riconosciuto come vera vodka. Il tasso calorico della vodka comparata a quella della carne è 100 grammi di vodka contiene 235 calorie, quella della la carne 250. Ogni vodka ha il suo carattere, il suo sapore che deriva dalla qualità di grano utilizzato e dai procedimenti utilizzati per il filtraggio con carbone attivo di betulla e attraverso una selezionata sabbia di quarzo, dalla stagionatura lunga o breve, che consentono ai distillatori di ottenere alti livelli di purezza, un requisito molto ambito per le migliori accoppiate gastronomiche o per i cocktail o per berla liscia. Come utilizzare la vodka: Prima di tutto, ricordate che la vodka non va mai servita col ghiaccio, ma dovrebbe essere bevuta ad una temperatura tra i 9/11°, utilizzate bicchierini da 30-50 ml. Servite la vodka con uno spuntino (zakuska) fatto da piccoli cetriolini salati o in salamoia o cetriolo fresco è d’obbligo berla con un sorso solo e subito dopo date un morso allo stuzzichino. Alternativa ai cetriolini, anche l’aringa normale o affumicata, non salata e preparata prima.